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PITTURA

L'ultumo lavoro

La cattedrale, olio su tela di lino.

Questo quadro è il primo di una coppia. Il secondo non è ancora stato dipinto.

 

Non sono mai stato in grado di dipingere in modo non realistico; la mia formazione non me lo ha mai permesso. Non so se sia un bene oppure un male, ma non sono mai stato condizionato dalla forma del "reale". Per me la forma non è altro che un insieme di linee orizzontali, verticali o oblique; un andirivieni di spazi pieni e vuoti, di luce e buio, nell'ostinato rispetto di regole estetiche, di equilibri e impercettibili sbilanciamenti.

Sono affascinato dalle architetture antropomorfe quando si mostrano come divinità ancestrali trascendenti la semplice condizione umana.

In arte, e così in pittura, il mio sforzo continuo sta nella ricerca costante della semplicità più assoluta; nella tormentata ricerca di un linguaggio puro; di un dialogo essenziale e scevro da ogni orpello, ma proprio per questo più ampio di significati e meno superficiale. Tutto questo lo faccio nel tentativo di raggiungere, di toccare anche solo un attimo, col pennello, ciò che non può essere toccato senza che il mio gesto lo corrompa inevitabilmente.

Mi piace ascoltare quel silenzio così pieno di voci che è dentro di noi, così pieno di pace e di ordine. Mi piace l'ordine, la regola, ma non la precisione. Mi piace quella semplice aritmetica che si legge nei colpi di scalpello sui fregi medievali, la geometria fatta a mano, dove è la stessa forza dell'imprecisione a mostrare il segno caldo, umano, della perfezione.

 

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