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Copertina

IL CALENDARIO

PASQUALE DI RAVENNA

Cos'è e come si legge
la tavola marmorea del VI secolo
custodite nel Museo Arcivescovile di Ravenna

 

di Mario Arnaldi 

prefazione di Giovanni Gardini

 

 

 

Edizioni del Girasole, Ravenna 2018 

 â‚¬ 10,00 - più spese di spedizione

In vendita presso l’autore (marnaldi@libero.it

o presso le librerie fisiche e on line

Nel museo Arcivescovile di Ravenna è esposta, almeno dai primi anni '50 del Novecento, una lastra marmorea di circa 90 cm per lato che risale al secolo VI. Essa mostra un grafico circolare suddiviso in 12 spicchi, simile alla sezione di un agrume o alla corona di petali di una margherita. Si tratta della più antica rappresentazione del Ciclo Pasquale calcolato dall'abate Dionigi, detto 'il piccolo', attorno all'anno Domini 525.

La Pasqua, per i cristiani, è sicuramente la festa più importante fra tutte quelle del calendario liturgico. Nella Pasqua si racchiude l'intero mistero cristiano (passione, morte e resurrezione di Gesù) che, quotidianamente, viene ricordato nella celebrazione dell'Eucarestia. È una festa mobile, che non si ripete tutti gli anni alla stessa data. L'importanza di un calcolo preciso era fondamentale per la Chiesa Cattolica, e la tavola marmorea di Ravenna ne è la più antica dimostrazione.

 

 

"È plausibile, o se non altro affascinante, ipotizzare che essa sia stata realizzata per la Basilica Ursiana, chiesa madre della diocesi ravennate, un edificio che - proprio il giorno di Pasqua era stato dedicato alla risurrezione del Signore... ed è proprio il mistero pasquale, annunciato da quest'antica lastra marmorea, il cuore di tutta l'esperienza cristiana, mistero di gloria che a Ravenna è costantemente celebrato dai suoi monumenti, nella bellezza delle architetture e nello scintillio dei mosaici, dalla generosa sapienza dei committenti e artisti.

Sembra quasi che la croce incisa al centro del calendario pasquale si irradi e prenda forma e colore negli edifici, nei mosaici, negli arredi liturgici della Ravenna del V e VI secolo."

 

Dalla prefazione di Giovanni Gardini

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